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Assemblea Amici, vernice Ulrika Sparre

L’assemblea ordinaria degli Amici del Centro Giacometti 2025 si è svolta nel salone Giacometti a Stampa il 5 luglio 2025 . Oltre alle informazioni relative alle attività dell’anno precedente e all’approvazione del rendiconto 2024, i soci hannopreso atto delle attività intraprese dalla Fondazione Centro Giacometti per i prossimi due anni e hanno deciso di mettere da parte i fondi dell'associazione per progetti futuri. A seguire è stata inaugurata la mostra della Svedese Ulrika Sparre con la curatrice Virginia Marano.

Drizzando le antenne 

In una giornata che è insieme apertura di una mostra e commiato dall'artista, venuta a mancare recentemente, Virginia Marano ha tenuto un discorso equilibrato e commovente presentando la ricerca di Ulrika Sparre. Tra le rocce che ospitarono Alberto Giacometti bambino, il golden monolite e il black monolite all'ombra del Piz Duan, l'artista svedese, invitata dalla curatrice della mostra anni prima, ha sondato, perlustrato e cercato  risonanze indicando un percorso fatto di ascolto, di ritmi lenti e di apertura. Come nelle sue precedenti ricerche, il marito l'ha fotografata.

Dal progetto proposto da Virginia  Marano che da anni ricerca trame al di fuori del tempo, connessioni artistiche anacronistiche tra progetti affini pur se nati in località lontane, è nata la collaborazione con Ulrika Sparre, grazie al  contributo del Centro Giacometti. Sabato 5 luglio 2025  nel fienile di fianco all'atelier di Alberto Giacometti, chi non aveva già visionato il cortometraggio "Ear to the ground" in occasione dell'ARTIpasto, ha potuto farlo.

Si vede Ulrika che nel 2021 perlustra, percuote e ausculta le pietre accompagnata dalla voce di Virginia Marano che legge la bella "Conversation with a stone" scritta nel 1962 dalla poetessa polacca Wislawa Szymborska. Anche questo vernissage si è tenuto di fronte ad ospiti venuti da vicino e da lontano nell'accogliente Salone del Centro Giacometti.

Donatella Rivoir

Per Ulrika

Saluto di Virginia Marano, Stampa, 5 luglio 2025

ci sono mostre che si inaugurano, e altre che si aprono come fenditure nel tempo.
Questa mostra — Ear to the Ground — non inizia oggi. Ha cominciato a parlare molto prima, e continuerà a farlo anche dopo. Perché Ulrika Sparre, l’artista che l’ha concepita e generata, ha saputo creare qualcosa che resiste al tempo, che vibra nella materia, che ci guarda e ci ascolta, anche ora che lei non è più con noi.
È difficile trovare parole. Perché oggi non siamo soltanto testimoni di un’opera. Siamo anche partecipi di un commiato.
Eppure, anche nel dolore, c’è una forma di bellezza. È quella che Ulrika ci ha insegnato con la sua pratica: una bellezza che nasce dall’attenzione, dalla delicatezza, dal contatto profondo con ciò che è vivo — anche quando sembra muto.
“Ear to the Ground” è molto più di un titolo. È una chiamata.
Un invito ad abbassarci, a chinare il corpo e lo spirito, a mettere l’orecchio contro la terra, come facevano gli antichi per sentire arrivare i passi dei cavalli in lontananza, o il battito sordo di qualcosa che si muove sotto la superficie.

Nelle opere di Ulrika, la pietra non è mai un oggetto. È un soggetto.
Una creatura che respira nel tempo geologico, che custodisce memorie più antiche di ogni storia umana, eppure disponibile a entrare in relazione — se solo abbiamo la pazienza di ascoltarla.

In questa mostra, le pietre parlano. Sussurrano vibrazioni, frequenze invisibili, storie che non hanno bisogno di lingua. Ulrika ha ascoltato queste voci, e ha fatto della sua arte uno strumento di traduzione tra mondi: tra il visibile e l’invisibile, tra la terra e il cielo, tra il tempo umano e quello delle montagne.
Realizzare questa mostra insieme a lei è stato un privilegio raro.
Abbiamo camminato nei sentieri della Bregaglia, osservato le curve dei sassi di Giacometti, ascoltato i silenzi tra un rumore e l’altro. Ulrika non imponeva mai. Chiedeva, proponeva, lasciava spazio.
Portava con sé un’intelligenza calma, una sensibilità sottile, e una fiducia radicale nella capacità dell’arte di guarire, di connettere, di ricordare.

Oggi, in questo luogo così carico di memoria, tra le montagne che hanno plasmato Alberto Giacometti, l’opera di Ulrika si intreccia naturalmente con una tradizione di attenzione al corpo, alla materia, alla presenza. Ma lo fa con una voce sua, limpida, fatta di suono e silenzio, fatta di tempo dilatato, di vibrazione interna.

Sì, Ulrika non è più con noi. Ma lo è. È nelle pietre che ha raccolto, nei suoni che ha registrato, nei paesaggi che ha percorso.
È qui, in questa stanza, nelle vostre orecchie, nei vostri corpi in ascolto.
Ogni vibrazione è un passaggio. Ogni risonanza, una forma di contatto. Ogni sussurro del suolo, un modo per restare.

Desidero ringraziare profondamente il Centro Giacometti, la Commissione Cultura del Comune di Bregaglia, gli Amici del Centro, e tutte le persone che hanno reso possibile questa mostra.
E desidero ringraziare te, Ulrika. Per il tuo sguardo attento, per la tua gentilezza silenziosa, per averci insegnato che ascoltare è anche un modo per amare.

Vi invito ora a entrare nella mostra come in una radura, o in una grotta.
Con lentezza, con rispetto, con cuore aperto.
Lasciate che le pietre parlino. Ulrika, da qualche parte, le sta ascoltando con voi.

Grazie